Riflessione dopo aver letto L'anima del vino toscano di
Massimo Rustichini
“La piscina ha rubato l’anima dell’acqua”. Così
inizia, nella prefazione, il libro di Massimo Rustichini L’anima del vino toscano.
l riferimento è alla contrapposizione di un bagno in mare, “un po’ mosso per prendere i cavalloni”.
“Provo ora a
trasferire questo concetto nel mondo del vino. Non immaginate neppure
lontanamente a quanti vini sia stata sacrificata l’anima sull’altare della
presunta modernità che tutto uniforma e tutto appiattisce”.
Un percorso nella Toscana dell’autore alla ricerca dei vini
che emozionano.
La vita di Massimo, nello scorrere le pagine del libro, sembra
prendere quel senso diverso fino a risplendere nella narrazione delle aziende.
Il crepuscolo delle epoche, delle mode,
niente ha a che vedere con quanto è descritto nella ricerca di quel piacere,
che si teme di perdere per sempre e che l’autore ritrova in quell’anima del
vino che ancora esiste e rimane al centro del suo progetto.
Storie, racconti, ricordi che solo un Uomo del Vino, come
Massimo Rustichini, può raccontare e tramandare alle nuove generazioni di
appassionati frastornati da spot che rispondono solo al business.
Certo il vino va anche venduto e la vendita moderna risponde
a numeri, canoni e sistemi particolari. Questo libro ci porta in un’altra dimensione,
quella dei sogni, alla ricerca di quell’anima che per primo Charles Baudelaire
riuscì a portare in versi.
Servono ideali per la ricerca dei giusti valori:
l’innamoramento e il coinvolgimento nel mondo del vino ha bisogno della
conoscenza di certe realtà.
Così come Massimo Rustichini riesce a trasmettere
nella lettura, pagina dopo pagina, del suo L’anima del Vino Toscano. Chapeau.
Urano Cupisti
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