La verità sugli autoctoni
di Daniele Cernilli pubblicato su Doctor Wine il 05/11/18
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Siamo proprio sicuri che le uve che definiamo autoctone sono
originarie della regione cui le attribuiamo?
Studi scientifici ce ne raccontano
di belle.
Il termine autoctono deriva dal greco, e in particolare da
due parole, autòs e khethòn, che insieme significano “originario del luogo”.
Trasferendo il significato al mondo del vino e nella fattispecie dei vitigni,
attribuire la definizione di “autoctono”, una parola che ha un bel suono e “fa
fico” pronunciare, significa affermare che quella varietà è, appunto,
“originaria” del luogo dove viene coltivata, non arriva da fuori, insomma.
Un’affermazione forte e precisa, ma quasi sempre sbagliata, frutto di forzature
e di appropriazioni indebite.
Sono infatti molto pochi i vitigni che si possono
definire autoctoni a ragion veduta, mentre molti altri in stragrande
maggioranza sono alloctoni, cioè provengono da altre zone, pur essendo ormai
“tradizionali”, presenti in una regione da molto tempo. Per questo motivo,
peraltro, personalmente preferisco usare questo secondo termine per definire
queste situazioni.
Tutte queste considerazioni mi sono ritornate in mente
chiacchierando con Attilio Scienza, che è stato professore di viticoltura in
molte università italiane ed è uno dei più grandi esperti al mondo della
materia.
Così mi ha raccontato che il sangiovese è con tutta probabilità
originario della Calabria, e non di Toscana o Romagna, che è il padre genetico
del nerello mascalese e del frappato, detto anche gaglioppo.
Che il friulano è
un sauvignonasse, o sauvignon vert, vitigno di origine bordolese completamente
scomparso in quella regione ma che ha trovato una nuova patria sulle colline
friulane.
Che cannonau e grenache sono parenti strettissimi, tanto che infuria
la polemica su quale sia la varietà originaria.
Che tutte le malvasie sono di
origine greca, del Peloponneso o di Creta.
E poi che garganega e grecanico sono
quasi la stessa cosa, che il turbiana e il verdicchio sono quasi identici, che
il primitivo non è affatto autoctono, che il montepulciano deriva dall’antico
cardisco e che lagrein e teroldego sono quasi identici ma hanno origini
orientali, che il gewurztraminer deriva dal savagnin del Jura e non da Termeno,
e così via.
Quel che resta di realmente autoctono perciò è davvero poca
roba, anche se molti, troppi, si riempiono la bocca con quel termine senza
avere la minima idea di dove si stiano infilando e dandola letteralmente da
bere ai profani che continueranno a usarla in modo del tutto improprio.
Perciò,
proprio in funzione del tentativo di fare chiarezza e informazione reale,
proviamo ad approfondire, anche solo un po’, raccontando le origini e i
significati.
Proprio il Prof Scienza uscirà a breve con un volume che racconterà la
storia dei principali vitigni presenti anche in Italia, magari tradizionali, ma
non necessariamente autoctoni. Sarò tra i primi a procurarmelo e sono certo cha
la lettura sarà illuminante anche per me.
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