martedì 25 settembre 2018


Rispondo solo adesso dopo aver dato possibilità ad altri di intervenire.
Grazie a tutti coloro che hanno espresso la loro opinione in maniera educata, garbata così come si conviene tra persone rispettose dell’altrui posizione.  Ed è anche per questo che rispondo. Là dove vedo accendersi polemiche,  pensando di essere i depositari della verità,  lascio loro campo e come si suol dire “mi ritiro nelle mie stanze”.
In questo caso servono alcune precisazioni a conferma della mia posizione sull’accaduto.
Nessun equivoco interpretativo su quanto riportato nel comunicato-stampa del Consorzio Chianti. Seguendo il mondo del vino cinese dal 2002, anno della presentazione dei prodotti della provincia di Ningxia (Mongolia Interna) a Losanna, in Svizzera, giorno dopo giorno ho assistito all’evolvere di questo fenomeno che ha raggiunto in termini di quantità produzioni che lo collocano al 6° posto mondiale. E anno dopo anno ho assistito a tutti quei processi di studio che hanno portato i giovani cinesi a frequentare sempre più numerosi le Università francesi in virtù anche di protocolli firmati ovvero  joint venture (associazione temporanea di imprese) sempre più numerose. Come tutti sappiamo la Joint Venture è un contratto con cui” due o più imprese si accordano per collaborare al fine del raggiungimento di un determinato scopo o all'esecuzione di un progetto”. Lo ricordo in modo particolare per quella firmata con il Gruppo LVMH per la produzione in Cina dello spumante Chandon, ultimo accordo del grande gruppo francese a coronamento delle produzioni iniziate con gli Stati Uniti, Argentina, Brasile, Australia. Se poi aggiungiamo i traguardi raggiunti nella qualità (Red Camel insegna) chiudiamo il cerchio che ogni giorno si ingrandisce. Basta chiederlo ai Cileni, i primi a soffrire in quell’area del mondo della presenza agguerrita dei cinesi.
Caterina ricorda le sette province vitivinicole attualmente a regime di produzione con numeri da capogiro. Il loro progetto a lungo termine iniziato alla fine della prima decade degli anni duemila era il raggiungimento del 15% della popolazione. Ricordo che sono oltre 2 miliardi ergo 300.000 milioni di potenziali clienti. Si capisce la Joint Venture del gruppo LVMH.
Ne conviene che un po’ di scetticismo su certe operazioni (Academy e Marchio)) non sia da attribuire ad un fraintendimento.
Non sarebbe la prima volta, dopo le varie Academy (strade già percorse da altri) si abbia in Cina, prodotto da chi sa chi, un vino con tanto di marchio cinese simile a quello registrato e con sotto ben evidenziato Red Wine Shiandi.
Direte: ma questa sarebbe frode!. Sì è vero. Andatelo a dire ai cinesi.
Grazie per il confronto.

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