Il Sauvignon alterato con il "lievito magico":
in
41 patteggiano la pena
Si è chiusa ieri con 41 patteggiamenti, per 31 persone
fisiche e dieci aziende, l'inchiesta della Procura di Udine sul presunto caso
di sofisticazione del Sauvignon con un esaltatore dei normali aromi del vino
bianco, non dannoso per la salute dei consumatori ma non previsto dal
disciplinare di produzione (leggi questo articolo e quest'altro per i
dettagli).
Hanno scelto la via del patteggiamento l'enologo Ramon
Persello che aveva inventato l'esaltatore di aromi (sei mesi; pena sospesa) e
30 produttori che hanno concordato il pagamento di una somma variabile tra
tremila e diecimila euro. Sanzione pecuniaria anche per le dieci aziende
coinvolte. Solo un produttore non ha scelto la via del patteggiamento e
affronterà dunque il processo.
Altre posizioni, tra cui quella della moglie
dell'enologo e quattro produttori, erano state già archiviate nei mesi scorsi.
L'inchiesta era stata avviata nel settembre del 2015 con una serie di
perquisizioni delegate dal pm titolare del fascicolo Marco Panzeri ed eseguite
dai Carabinieri del Nas di Udine in una serie di aziende agricole che, secondo
l'ipotesi accusatoria, avrebbero usato l'esaltatore per produrre il vino.
Le indagini erano state avviate sulla base di una
segnalazione "interna" partita da alcuni produttori del Sauvignon.
Per la Procura di Udine, la scelta dei patteggiamenti "conferma la
solidità dell'impianto accusatorio". Un finale per niente scontato quello
decretato dal gup del tribunale di Udine, Andrea Comez, per la stragrande
maggioranza degli indagati coinvolti nell’inchiesta sul vino “dopato”. Non,
almeno, due anni fa, quando la Procura di Udine sollevò il velo sulle indagini
e, con le prime perquisizioni in una ventina di aziende vitivinicole, puntò il
dito contro alcune tra le più blasonate etichette dei Colli Orientali e del
Collio.
Tutt’altro che disposti ad accettare il colpo assestato dai carabinieri
del Nas e dal personale dell’Ufficio antifrode di Udine al cuore di una delle
sue eccellenze, il mondo economico regionale e le stesse cantine indagate
risposero con una levata di scudi che tutto lasciava prevedere, fuorchè un
accordo sulle pene.
Il caso Sauvignon inizia nell'agosto del 2015 quando la
Procura di udine apre un fascicolo di indagini sulla presunta contraffazione
del vino. Sono 17 le aziende per cui le ipotesi di reato è "frode per
l'esercizio del commercio".
Avrebbero ottenuto un "lievito
magico" in grado di amplificare il profumo del vino Vengono sequestrate
cantine ed ettolitri di mosto di sauvignon: i periti non riscontrano irregolarità.
A un anno dall'apertura delle indagini l'inchiesta si allarga coinvolgendo
anche Terni e Chieti. Il 17 ottobre 2017 41 persone scelgono di patteggiare.
Frode nell’esercizio del commercio e vendita di sostanze alimentari non genuine
il reato contestato a tutti dal pm Marco Panzeri, titolare dell’inchiesta.
In
cima all’elenco dei patteggiamenti spicca il nome di Ramon Persello, il
consulente bioclimatico di Attimis considerato, allora come adesso, uno tra i
migliori fantasisti della chimica applicata all’enologia.
Sua l’invenzione del
preparato che ha finito per inguaiare decine di vignaioli, dentro e fuori
regione: un esaltatore di aromi, non nocivo alla salute, ma neppure previsto
nel disciplinare di produzione dei vini Doc, venduto per anni a tutti coloro
che, confidando nella sua esperienza, puntavano “semplicemente” a migliorare le
proprie bottiglie, valorizzandone profumi e resa.
Un’inchiesta che ha messo a soqquadro il settore, ben più di
quanto le “polverine” magiche dell’enologo finito nei guai abbiano inficiato la
bontà del vino. Finito anche sul registro degli indagati delle Procure di
Terni, Chieti e Lanciano, per effetto degli stralci per competenza territoriale
operati dal pm friulano, Persello è l’unico ad avere patteggiato una pena detentiva:
6 mesi di reclusione, sospesi con la condizionale, in cui il suo difensore,
avvocato Luca Ponti, è riuscito a fare accorpare tutti e quattro i procedimenti
con una formula omnia globale.
Altrettanto, ma in termini di archiviazione, il
legale aveva ottenuto nei mesi scorsi per la moglie del consulente, Lisa
Coletto, inzialmente coinvolta in qualità di presunta assistente del coniuge
nel laboratorio allestito nella loro abitazione, ma risultata poi estranea alle
attività contestate.
"I produttori di Sauvignon scelgono la via
dell’accordo con la Procura, per dedicarsi con tutte le loro forze alla qualità
del prodotto e alla tutela del loro marchio. È prevalsa unanimemente la
convinzione che un’applicazione di sanzione sostitutiva pecuniaria avrebbe
evitato una impegnativa, in termini di tempo e denaro, verifica dibattimentale
degli assunti accusatori", dicono in un comunicato stampa i vignaioli per
i quali il gup di Udine ha applicato le pene rispettivamente patteggiate con la
Procura.
I produttori coinvolti
Il secondo round di perquisizioni risale al 22 ottobre 2015.
A Ortona, l’avviso di garanzia viene notificato a Lucio Di Bartolomeo,
presidente della cantina, e a Mastropierro. Nell’ordinanza sono riportati i
passaggi delle intercettazioni telefoniche e della mail considerate più
significative. Il 15 luglio 2015, per esempio, Persello allega il documento
“Chardonnay esteri” in cui menziona l’aggiunta di amminoacidi ramificati Bcaa,
uguali a quelli citati in una serie di precedenti messaggi Telegram.
Nel procedimento,
all’epoca, figuravano già indagati
Claudio Buiatti, di Buttrio, Stefano
Traverso, di Prepotto, e Thomas Kitzmuller, di Brazzano, Roberto Snidarcig
(“Tiare”, Dolegna del Collio), Adriano Gigante (Corno di Rosazzo), Valerio
Marinig (Prepotto), Paolo Rodaro (Spessa di Cividale), Pierpaolo Pecorari (San
Lorenzo isontino), Michele Luisa (Corona), Anna Muzzolini (“Iole”, Prepotto),
Roberto Folla (“Cortona”, di Villa Vicentina), Luca Caporale (“Venchiarezza”,
di Cividale), Federico Stefano Stanig (Prepotto), Andrea Visintin (“Magnas”, di
Cormons), Cristian Ballaminut (Terzo d’Aquileia), Cristian Specogna (Corno di
Rosazzo), Gianni Sgubin (Dolegna), Filippo Butussi (Corno di Rosazzo), Remo De
Luca (Mozzagrogna, provincia di Chieti) e Valentino Cirulli (Ficulle, provincia
di Terni).
E quelli aggiunti dopo
Lo scorso gennaio, l’inchiesta era stata estesa a un nuovo
gruppo di produttori ed enologi. Per tutti, in luglio, il pm Marco Panzeri ha
chiesto la proroga delle indagini e anche sui loro nomi è venuto meno il
segreto istruttorio. Ecco l’elenco: Maurizio Arzenton, di Attimis, Stefano
Bernardis, di Dolegna, Bruno Bertossi, di Faedis, Nicola Bodigoi, di Prepotto,
Franco Clementin, di Terzo d’Aquileia, Giovanni Foffani, di Trivignano Udinese,
Mara e Paolo Giavitto, di Faedis, e l’omonima società agricola, Andrea Magnan,
di Corno di Rosazzo, Milano, Denis e Mitja Miklus, di San Floriano del Collio,
con la loro azienda, Franco Pizzulin, di Prepotto, Michele Specogna, di
Premariacco, e la società Toblar di Ramandolo, Denis e Patrick Sturm, di
Cormons, con la loro azienda a Zegla, e Oliviero, Palmira e Cinzia Visintini,
di Corno di Rosazzo, con la loro azienda.
Cronache di Gusto
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