Superata, nel 2020, la soglia delle
500 milioni di bottiglie di Prosecco Doc certificate nell’arco di un anno.
"Si tratta di un traguardo storico per il Prosecco Doc
– commenta il presidente del Consorzio, Stefano Zanette – però non costituisce
di certo un punto d’arrivo. Sono molte, infatti, le sfide che ancora ci
attendono, a cominciare da quella che riguarda la segmentazione dell’offerta
con una maggior caratterizzazione delle produzioni anche dal punto di vista organolettico
sensoriale”
E questo la dice lunga sulla qualità, molte volte, “ballerina”.
Attenzione, cominciamo a leggere nel senso giusto le
comunicazioni. In questo caso stiamo parlando della D.O.C. e non della D.O.C.G.
Impariamo a distinguere. È necessario visto dove siamo arrivati con il “fenomeno
Prosecco”.
- D.O.C. si estende nelle intere regioni Veneto e Friuli-Venezia Giulia, da Trieste a Rovigo;
- D.O.G.C. solo a Conegliano Valdobbiadene e Asolo
Certo dal lato marketing al Consorzio D.O.C. ne indovinano una dietro l’altra. Basti pensare all’ormai dichiarato ed acclamato fenomeno Rosé, del tutto inventato dal nulla.
E pensare che, al tempo della mia formazione, insegnavano che il “vino prosecco era a base di uve prosecco”, facendo passare
una bugia al solo fine di una identificazione redditizia. Oggi “abiurata” per
far posto al rosé.
Non c’è limiti alla creatività legata al marketing. Alcuni giorni fa un amico tedesco (il prosecco in Germania registra numeri da capogiro) mi ha chiesto lumi e spiegazioni sul “vitigno prosecco rosé”. Non ho riportato male la domanda: vitigno prosecco rosé.
“L’onnipotenza dei messaggi
pubblicitari”.
Amici del buon bere: difendiamoci finché possibile!
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