Vi
segnalo l’articolo partendo dalla conclusione che condivido in pieno: “Il vino
è sicuramente poesia, passione, metafora del territorio, ma le cantine sono
anche aziende e devono vendere i loro prodotti e remunerare il lavoro di chi
opera per ottenerli. Non sarà molto popolare dirlo, ma è la pura e semplice
verità”.Chapeau!
Il diabolico marketing di Daniele Cernilli
(Doctor Wine 30/09/19)
Il marketing del vino non ha niente di negativo, serve alle
aziende e ai territori per studiare le tecniche migliori per farsi conoscere
dai consumatori.
Parlare di marketing nel mondo del vino prende spesso delle
connotazioni negative. Ciò che è marketing è legato al male, al tradimento di
qualità, territori, artigianalità, autenticità. Questo accade perché quasi
sempre si equivoca su cosa realmente significa “marketing”. In rete ho trovato
una definizione molto efficace che vi propongo. “Marketing è il complesso delle
tecniche intese a porre merci e servizi a disposizione del consumatore e
dell'utente in un dato mercato, nel tempo, luogo e modo più adatti, ai costi
più bassi per il consumatore e nello stesso tempo remunerativi per l'impresa”.
Niente di così diabolico, insomma, e in gran parte qualcosa che va a vantaggio
sia delle imprese sia dei consumatori. È sostanzialmente un modo per razionalizzare
l’offerta rendendola più accessibile, appetibile e conosciuta dai potenziali
consumatori.
Nel vino esistono marketing aziendali, tesi alla creazione
di un marchio, che può essere di una grande azienda, ma anche di piccoli e
iconici vignaioli. Ci può anche essere un marketing territoriale, legato al
tentativo di valorizzare zone di produzione specifiche. Pensate allo Champagne,
e in Italia a Barolo, Brunello e Amarone. Poi ci sono dei marketing specifici
dedicati a mercati particolari. Se si vuole esportare negli Usa è necessario,
oltre che conoscere le leggi che regolamentano il settore vino, anche i target
di riferimento, i gusti di coloro ai quali potrebbe interessare una determinata
tipologia, magari molto diversi da quelli che si potrebbero trovare in Cina o
in Germania.
Tutto questo per dimostrare che una buona conoscenza di
marketing, anche nel mondo del vino, non solo non è negativa, ma è necessaria
se si vuole dialogare con chi non necessariamente conosce zone, territori e
tipologie. Cosa ci sia di male e di sbagliato in questo francamente faccio
fatica a capirlo. Forse ci stiamo troppo abituando a frasi fatte che prendono
dei significati differenti da quelli effettivi, creando confusione.
La stessa cosa accadeva in passato con la reclame, la
pubblicità, da molti demonizzata, tranne poi apprezzare ai tempi Carosello o
continuare a consumare prodotti molto supportati dalla comunicazione. I grandi
marchi di qualunque settore, Ferrari, Armani, Coca Cola, Nutella, sono anche
fenomeni di marketing. Il vino, i vini iconici, i grandi Bordeaux, i grandi
Champagne, i grandi Barolo, sono divenuti tali anche per effetto di marketing
specifici e tesi a valorizzarli. I Consorzi di promozione hanno comitati
marketing che lavorano su queste tematiche, spesso anche molto efficacemente.
Perché il vino è sicuramente poesia, passione, metafora del
territorio, ma le cantine sono anche aziende e devono vendere i loro prodotti e
remunerare il lavoro di chi opera per ottenerli. Non sarà molto popolare dirlo,
ma è la pura e semplice verità.
Daniele Cernilli
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