martedì 1 ottobre 2019

Daniele Cernilli nella sua riflessione ci coinvolge






Vi segnalo l’articolo partendo dalla conclusione che condivido in pieno: “Il vino è sicuramente poesia, passione, metafora del territorio, ma le cantine sono anche aziende e devono vendere i loro prodotti e remunerare il lavoro di chi opera per ottenerli. Non sarà molto popolare dirlo, ma è la pura e semplice verità”.Chapeau!

Il diabolico marketing di Daniele Cernilli 
(Doctor Wine 30/09/19) 

Il marketing del vino non ha niente di negativo, serve alle aziende e ai territori per studiare le tecniche migliori per farsi conoscere dai consumatori.

Parlare di marketing nel mondo del vino prende spesso delle connotazioni negative. Ciò che è marketing è legato al male, al tradimento di qualità, territori, artigianalità, autenticità. Questo accade perché quasi sempre si equivoca su cosa realmente significa “marketing”. In rete ho trovato una definizione molto efficace che vi propongo. “Marketing è il complesso delle tecniche intese a porre merci e servizi a disposizione del consumatore e dell'utente in un dato mercato, nel tempo, luogo e modo più adatti, ai costi più bassi per il consumatore e nello stesso tempo remunerativi per l'impresa”. 
Niente di così diabolico, insomma, e in gran parte qualcosa che va a vantaggio sia delle imprese sia dei consumatori. È sostanzialmente un modo per razionalizzare l’offerta rendendola più accessibile, appetibile e conosciuta dai potenziali consumatori.

Nel vino esistono marketing aziendali, tesi alla creazione di un marchio, che può essere di una grande azienda, ma anche di piccoli e iconici vignaioli. Ci può anche essere un marketing territoriale, legato al tentativo di valorizzare zone di produzione specifiche. Pensate allo Champagne, e in Italia a Barolo, Brunello e Amarone. Poi ci sono dei marketing specifici dedicati a mercati particolari. Se si vuole esportare negli Usa è necessario, oltre che conoscere le leggi che regolamentano il settore vino, anche i target di riferimento, i gusti di coloro ai quali potrebbe interessare una determinata tipologia, magari molto diversi da quelli che si potrebbero trovare in Cina o in Germania.

Tutto questo per dimostrare che una buona conoscenza di marketing, anche nel mondo del vino, non solo non è negativa, ma è necessaria se si vuole dialogare con chi non necessariamente conosce zone, territori e tipologie. Cosa ci sia di male e di sbagliato in questo francamente faccio fatica a capirlo. Forse ci stiamo troppo abituando a frasi fatte che prendono dei significati differenti da quelli effettivi, creando confusione.

La stessa cosa accadeva in passato con la reclame, la pubblicità, da molti demonizzata, tranne poi apprezzare ai tempi Carosello o continuare a consumare prodotti molto supportati dalla comunicazione. I grandi marchi di qualunque settore, Ferrari, Armani, Coca Cola, Nutella, sono anche fenomeni di marketing. Il vino, i vini iconici, i grandi Bordeaux, i grandi Champagne, i grandi Barolo, sono divenuti tali anche per effetto di marketing specifici e tesi a valorizzarli. I Consorzi di promozione hanno comitati marketing che lavorano su queste tematiche, spesso anche molto efficacemente.

Perché il vino è sicuramente poesia, passione, metafora del territorio, ma le cantine sono anche aziende e devono vendere i loro prodotti e remunerare il lavoro di chi opera per ottenerli. Non sarà molto popolare dirlo, ma è la pura e semplice verità.

Daniele Cernilli


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